Prima di dare una lettura analitica della fiaba, mi sembra doveroso fornire alcuni cenni teorici che ci serviranno per la comprensione della nostra storia.
Cosa sono Io, Anima, Animus, Sè, inconscio collettivo ed inconscio personale?
L'Io è una parte della coscienza, è ciò che ci permette di capire che siamo sempre noi nelle varie circostanze.
L'Anima è la parte femminile dell’uomo, la creatività, la fantasia, l’eros, i sentimenti, l’irrazionalità
L'Animus è il logos, la finalizzazione, la concretezza ma anche lo spirito e incarna la parte maschile delle donne.
Il Sè è il punto di partenza e di arrivo, centro del sistema di autoregolazione della psiche dal quale dipende l’equilibrio dell’individuo.
L'inconscio collettivo è comune a tutti gli esseri umani, è una specie di eredità psichica che ha ricadute sul nostro comportamento e sulle nostre emozioni.
L'inconscio personale è, come dice l'aggettivo, proprio del singolo individuo; è il deposito dei contenuti ignorati dalla coscienza o rimossi; elementi che hanno perso significato e che sono spiacevoli o in opposizione alla coscienza stessa.
Quali sono gli elementi che dobbiamo considerare per cercare di capire quale sia il significato di una fiaba?
Possiamo partire dall'osservare in quale tempo ed in quale luogo si svolge l'azione.
Questi due elementi, nelle fiabe, sono quasi sempre evidenti, infatti, spesso, l'incipit è “c’era una volta” o “in un luogo lontano lontano..”. In entrambi i casi abbiamo a che fare con un tempo che non è un tempo e con un luogo che non esiste: questi sono caratteristiche proprie dell’inconscio collettivo.
Cosa osservare ancora?
Sicuramente sono da cercare, ed analizzare, i personaggi presenti.
Può essere importante vedere qual è il numero dei personaggi all’inizio e quello alla fine: ci sono ancora tutti? Qualcuno è morto? Qualcuno è nato? Chi è l'eroe, il protagonista?
Un altro elemento da notare è il sesso dei vari personaggi o la loro età: manca la donna? Manca l’uomo? Manca la prole?
Ad esempio, se manca l’elemento femminile ed alla fine lo troviamo si può supporre che tutta la storia riguardi la reintegrazione del principio femminile.
All’inizio delle storie ci sono sempre dei problemi da risolvere: qualcuno pone una domanda oppure c’è una fanciulla da salvare o, ancora, la regina vuole un figlio. Tante possono essere i quesiti o le richieste da soddisfare; nella nostra fiaba il re deve decidere a chi lasciare il suo regno.
Il passo successivo può essere quello di analizzare la cosiddetta peripateia o peripezia, cioè la storia: cosa succede e cosa i personaggi fanno.
Sono le prove che l’eroe deve affrontare, i personaggi che incontra. E’ la narrazione degli avvenimenti che portano al punto culminante, quello decisivo, quello nel quale la storia si risolve con un lieto fine o con la tragedia.
Finita la tensione si giunge alla lisi.
Essa, a volte, può essere positiva a volte negativa, una tragedia; a volte la storia finisce semplicemente, diviene assurda e svanisce.
I finali sono abbastanza simili, sono un “rite de sortie”, un qualcosa che ci permette di uscire dal mondo dell’inconscio collettivo e ritornare alla realtà. Molto spesso finiscono con “E vissero tutti felici e contenti”: questo ci permette di concludere il momento vissuto nella fantasia, nell’inconscio e di rientrare nella realtà, di tornare alla coscienza.
Dobbiamo sempre ricordare che le interpretazioni sono relative: non hanno un valore assoluto.
Veniamo ora alla nostra fiaba.
Cosa troviamo? Qual è la situazione psicologica iniziale? Qual è il problema?
Abbiamo un padre e tre figli. Quale dei 3 succederà al re?
Notiamo subito che non c’è la figura femminile, che siamo in presenza di un contesto tutto maschile mentre, invece, alla fine della storia troviamo che questo elemento viene introdotto. Possiamo ritenere che l’azione principale riguardi la ricerca della donna adatta, dalla quale dipenderà l’eredità del regno.
La storia finisce con un matrimonio quindi con un’unione equilibrata degli elementi maschili e femminili.
In definitiva la struttura generale della storia sembra indicare che, finché manca l’elemento femminile, domina l’atteggiamento maschile; la storia vuole raccontarci come il femminile viene restaurato e ricondotto alla coscienza.
Osserviamo un po' più da vicino i vari personaggi.
Il RE
cosa rappresenta il re per uno stato? L’unità dello stato stesso, i princìpi ed i valori comuni a tutte le persone che vivono in quella nazione. Dalla sua integrità poteva dipendere la prosperità del paese. Si può dire che il re, o il capo, incarni un principio divino dal quale dipendono il benessere fisico e quello psichico del paese. In base a quello che abbiamo detto, quale archetipo potrebbe rappresentare?
Egli ha le caratteristiche che ci inducono a considerarlo un simbolo del Sè, essendo il Sé, secondo la nostra definizione, il centro del sistema di autoregolazione della psiche da quale dipende l’equilibrio dell’individuo.
In base alle caratteristiche proprie della figura del re, vi è un altro elemento che essa può incarnare: esso rappresenta tutta la nazione, le regole accettate dagli individui appartenenti a quel contesto cioè l'inconscio collettiva e la coscienza collettiva.
Qui il re è vecchio ed è egli stesso che lo capisce e che cerca un elemento nuovo, più attivo e vitale che lo sostituisca.
Questo sta ad indicare che un contenuto psichico è stato troppo a lungo cosciente, il flusso vitale si va esaurendo e tutto rischia di divenire inerte. Per evitare la pietrificazione della nostra vita occorre un rinnovamento costante ed il rinnovamento consiste nel porsi in relazione con il flusso degli eventi psichici inconsci.
Il re, che è il simbolo dominante, il più centrale tra i contenuti dell’inconscio collettivo, è soggetto a questa necessità in misura maggiore.
Il simbolo del Sé esige sempre il rinnovamento, la comprensione, il contatto con l’inconscio.
Il re che invecchia rappresenta un contenuto dominante della coscienza collettiva che è divenuto stagnante, che non serve più, o che deve essere modificato, rinnovato perché possa continuare ad apportare linfa vitale, perché sia di nuovo costruttivo e permetta di crescere e migliorare.
Il re rappresenta da un lato il contenuto simbolico dominante di una situazione collettiva inconscia
Nella storia il re non ha moglie o, almeno non appare.
Pur non essendo presente nella storia, ma forse proprio per questo, la regina è un elemento fondamentale.
Essa, dal punto di vista simbolico, nella coscienza collettiva, è l’elemento femminile e contiene in sé i sentimenti e gli attaccamenti irrazionali. Essa rappresenta la tonalità del sentimento nella collettività.
E’ l’Anima del Paese quindi l’Eros, la fantasia e l’irrazionale.
Mentre il re rappresenta l’Animus, il logos, la parte razionale.
Entrambi servono per l’equilibrio e sono indispensabili per l'equilibrio.
In questo racconto, non essendo presente la regina, significa che l’aspetto dell’eros, del sentimento sono andati perduti e che il re è divenuto sterile perché si è irrigidito nella sua posizione di Logos non potendosi rapportare con l’altro aspetto, quello femminile.
Senza la regina non si possono più avere bimbi. Dobbiamo perciò supporre che la storia riguardi il problema che sorge quando, nell’atteggiamento collettivo dominante, si è perduto il principio dell’eros, cioè si è perduto il rapporto con l’inconscio, con l’irrazionale ed il femminile. E’ una situazione nella quale la coscienza collettiva si è pietrificata e si è irrigidita in dottrine e formule.
Il re ha tre figli: quindi ci sono quattro figure maschili tre delle quali hanno un adattamento normale mentre il quarto è al di sotto della media, tant’è che lo chiamano Sempliciotto. Sarà proprio questo personaggio, semplice e non adattato, ad essere l’eroe della storia e questo è un fatto importante che, a livello psicologico, ha un significato particolare.
Cosa rappresenta l'eroe?
L'eroe, nei miti, è colui che salva il paese, è colui che trova il tesoro nascosto, libera la tribù da ogni pericolo, ricongiunge il suo popolo con gli dei e con la vita e rinnova il principio vitale.
Vi è una grande varietà di eroi: il grullo, il briccone, l’uomo forte, l’innocente, il bello, lo stregone ecc
Nei primi venti anni di vita, l’inconscio tende a strutturare un forte complesso dell’Io,
E’ il Sé che costruisce l’Io.
Prima che cominci ad esistere il campo della di coscienza, il centro autoregolantesi ossia il Sé visto come la totalità ed il centro regolatore dell’intera personalità esistente fin dalle origini della vita, forma l’Io attraverso vari processi, alcuni dei quali sono emotivi.
Nel corso dell’infanzia avviene il dramma della separazione, che rompe l’unione di Io e Sé
La formazione dell’Io passa, spesso, attraverso l’ideale dell’eroe.
I personaggi che i bambini sognano di diventare, il poliziotto, il vigile del fuoco ecc, sono proiezioni prodotte dall’inconscio; essi appaiono direttamente nei sogni o sono proiettati su figure esterne che colpiscono la fantasia dei piccoli e influenzano la formazione del loro Io.
Questi processi psicologici tipici mostrano in che modo in un bambino si formi l’Io, parte del campo della coscienza.
L’eroe è il restauratore di una situazione di equilibrio per la coscienza; egli è l’unico capace di restaurare una situazione normale e sana
L’eroe è una figura archetipica che presenta il modello di un Io che opera in armonia con il Sé. E’ un modello da imitare, è un Io che dimostra di funzionare bene, in armonia con le esigenze del Sé.
E’ per questo motivo che l’eroe sembra essere il Sé perché ne è un fedele strumento che ne realizza compiutamente i desideri.
In un certo senso l’eroe è anche il Sé, perché esprime o incarna la sua capacità di salvare e guarire.
Quando si raccontano fiabe ai bambini essi si identificano con immediatezza e genuinità, accogliendo tutto il sentimento contenuto nella storia. Se si racconta loro la storia del brutto anatroccolo, tutti i bambini che hanno un complesso di inferiorità sperano di conquistare, un giorno, una principessa
La storia opera proprio così: offrendo un modello vitale, incoraggiante e vivificante che agisce nell’inconscio, riportando alla memoria tutte le possibilità positive della vita.
Nella nostra fiaba, poiché il re è la figura dominante dell’atteggiamento conscio collettivo, che ha perso il contatto con il flusso della vita, specialmente con il femminile e con l’eros, il sempliciotto rappresenta il nuovo atteggiamento cosciente, è l’unico capace di entrare in contatto con il femminile: è lui che fa risalire dalla botola la damina rospina. E’ significativo che egli sia il solo ad essere chiamato stupido, il solo che, in apparenza, sia sfortunato.
Se esaminiamo invece il suo comportamento più da vicino notiamo che egli è spontaneo e semplice, prende le cose così come sono.
I fratelli, dopo ogni vittoria del sempliciotto, chiedono un’altra competizione, sostenendo che una sola non è valida ed egli esegue sempre con semplicità il compito successivo. Deve sposare una rospina? Accetta, anche suo malgrado, perché questa è la realtà. Ed è proprio questa qualità che la nostra storia vuole mettere in rilievo.
Evidentemente tale storia compensa l’atteggiamento conscio dominato da schemi patriarcali, da doveri, regolata da princìpi rigidi perché ha perduto la capacità di adattarsi in modo spontaneo ed irrazionale agli eventi.
In questo caso l’eroe non compie imprese maschili: non è un eroe nel senso proprio della parola. Egli è aiutato dall’elemento femminile che risolve i problemi in sua vece e compie tutte le azioni richieste.
Tornando alla nostra storia vediamo che il re non sa a chi lasciare il regno, devia dal comportamento abituale e fa scegliere al destino lanciando in aria tre piume.
Questo era un rituale diffuso, non molto diverso dal lancio della moneta.
Quando la coscienza non può decidere razionalmente si può ricorrere ad un evento casuale assumendolo come indicazione. In sé questo è un atteggiamento importante perché è il primo passo per l’abbandono della determinazione sancita dal nostro ragionamento cosciente.
Le piume rappresentano generalmente qualcosa di molto simile all’animale che ne è ricoperto, ossia all’uccello. Secondo il principio pars pro toto, che è una forma magica del pensare, la piuma è l’uccello.
Gli uccelli rappresentano, in genere, entità psichiche di carattere intuitivo.
Gli uccelli sono assimilati ad entità quasi incorporee, abitanti dell’aria, appartenenti al regno dei venti che è sempre associato al respiro quindi alla psiche umana.
La piuma è molto leggera, sensibilissima a quelle che si potrebbero definire correnti psichiche, spirituali, invisibili, impercettibili.
Il vento raffigura, in molti contesti religiosi e mitologici, il potere spirituale che proviene dall’inconscio.
Questo motivo indica dunque che bisogna lasciar vagare l’immaginazione, i pensieri, seguendo le ispirazioni che vengono dall’inconscio.
Si può intendere questo atteggiamento come una compensazione della situazione collettiva dominante che sembra aver perso il contatto con l’elemento femminile e irrazionale.
L’individuo o la società che si allontanano dal femminile cadono, di solito, in un atteggiamento troppo razionale, ordinato e schematico.
Il femminile è in rapporto con il sentimento, l’irrazionale e la fantasia.
Nella fiaba il vecchio re offre una possibilità di rinnovamento lasciando che il vento decida la direzione, senza indicarla ai figli.
Il re si atteggia così a totale flessibilità e consulta i poteri soprannaturali
Una piuma si dirige verso est, l’altra verso ovest, quella del grullo si sposta lì vicino
Il grullo, che è semplice e schietto, ha un atteggiamento genuino e privo di fronzoli verso la vita. Egli è naturalmente portato verso ciò che sta a terra, proprio sotto il naso. E proprio lì si trova la soluzione. D’altronde, fin dalle fasi iniziali della storia, noi sappiamo che il problema è l’assenza del femminile, che naturalmente si trova sulla terra, non altrove.
La piuma del Sempliciotto, è rimasta vicina, ed egli scopre una botola, sotto di essa una scala che conduce agli abissi della madre terra.
Una botola ed una scala che portano sotto terra non hanno lo stesso significato di una cavità naturale perché nei primi gli esseri umani hanno lasciato le loro tracce. Forse esisteva una costruzione o forse è il sotterraneo di un castello o forse era un nascondiglio.
La discesa dei personaggi di un sogno, sotto terra o nell’acqua, viene spesso interpretata, superficialmente, come una discesa agli inferi o nell’inconscio ma bisogna distinguere se la discesa avviene nella natura vergine inconscia o se vi sono tracce di civiltà passate.
Quest’ultima ipotesi indicherebbe che ci si trova dinnanzi ad elementi una volta consci, poi riaffondati nell’inconscio, proprio come dinnanzi ad un castello in rovina di cui sono rimaste le tracce di un antico modo di vita.
Secondo l’interpretazione psicologica, l’inconscio comprende non solo la nostra natura animale, istintiva, ma anche le tradizioni del passato, anzi, in parte, è già costituito da esse.
La fiaba mostra una condizione nella quale l’elemento femminile non viene più riconosciuto, benché, e ciò rende possibile il recupero, un tempo lo fosse.
Sempliciotto trova una porta, bussa e, quando si apre la porta, vede un rospo ed altri rospini. Quando dice di volere un bel tappeto esse vanno a prendere una scatola e glielo offrono.
Il rospo rappresenta l'elemento femminile.
Nella nostra civiltà il rospo è sempre stato associato con la madre terra intesa, soprattutto, come quella che aiuta il parto, in esso si vedeva, e si vede ancora oggi, una rappresentazione dell’utero. Come ex voto per un miracolo riguardante la guarigione dell’utero l’immagine rappresentativa è spesso un rospo.
L’analogia tra rospo ed utero ci suggerisce che, nel contesto della fiaba, il rospo rappresenta il grembo materno, la madre; proprio ciò che manca nella famiglia descritta nella storia.
Il grullo non sposa il grande rospo ma una delle piccole che si trasforma in una bella principessa: ciò mostra, ancora più chiaramente, che la regina è la figura materna dal cui cerchio il sempliciotto riceve la sua Anima.
I rospi erano utilizzati, così come le rane, nella stregoneria, per filtri d’amore e non solo. Nel folklore è velenoso. E’ una divinità della terra che ha potere sulla vita e sulla morte: può avvelenare o dare la vita ed è in rapporto con il principio dell’amore. Il rospo contiene tutti quegli elementi che mancano nella situazione conscia della nostra storia. E’ verde, il colore della vegetazione e della natura.
Nella civiltà europea il tappeto era sconosciuto fino a che essa non entrò in contatto con l’Oriente. Le tribù nomadi che lo utilizzano sostengono che i tappeti usati nelle loro tende rappresentano quel legame di continuità con la terra che è necessario per prevenire la sensazione di non avere il terreno sotto i piedi. Il tappeto li protegge anche da influenze nefaste di un suolo straniero.
Tutti gli animali a sangue caldo hanno un forte legame con il territorio: lo segnano, lo difendono e tendono a ritornarvi. Nel proprio territorio un animale possiede una rapida e profonda consapevolezza dell’intera situazione: può subito nascondersi. Anche gli esseri umani sono legati al loro territorio: se si sradicano gli anziani dalla loro casa, spesso, ne muoiono.
Possiamo dire che il territorio significa la madre e che, per alcune tribù nomadi del nord Africa, il tappeto ha lo stesso significato. Hanno bisogno della continuità del legame con il suolo materno, non possedendolo all’esterno, poiché vivono dormendo quasi ogni notte si un diverso lembo di sabbia, esse portano con sé il loro territorio allegorico.
I tappeti sono spesso abbelliti da disegni astratti che hanno un significato simbolico: stilizzazioni degli animali, dell’albero della vita del paradiso trasformati in disegni puramente geometrici.
Molti motivi dei tappeti orientali si riferiscono ad idee religiose, ad esempio, la lampada rappresenta l'illuminazione mediante la saggezza di dio, la gazzella è l’anima alla ricerca di dio. Così per questi popoli il tappeto non rappresenta solo la Madre Terra ma anche il fondamento interiore di tutta la loro vita.
La prima prova non è sufficiente e ne viene fatta una seconda che consiste nel trovare l’anello più bello.
Si ripete il rito; i fratelli comprano un anellino d’argento mentre Sempliciotto scende nuovamente giù dal rospo ed ottiene un anello d’oro.
L'anello è un simbolo importane: al di là della forma circolare, che ne fa un’immagine del Sé, ha in genere due funzioni ed indica sia la relazione sia il vincolo.
L’anello matrimoniale simboleggia sia il fatto di avere una relazione ma anche che essa è stretta e particolare, è vincolante. Se un uomo dona un anello ad una donna esprime il desiderio di entrare in rapporto con lei in modo sovrapersonale, non con un legame d’amore effimero: vale per sempre, è eterno. Ciò significa stabilire un rapporto a livello del Sé, non solo nel piano degli umori dell’Io.
L’anello esprime un rapporto eterno nel Sé. L’anello matrimoniale rappresenta, nel mistero del simbolo, l’unione tra due esseri attraverso il Sé.
E’ importante il fatto che l’anello della nostra storia sia d’oro.
L’oro, il metallo più prezioso, è sempre stato ascritto, nel sistema planetario, al Sole ed è generalmente associato all’incorruttibilità ed all’immortalità. E’ inalterabile; nei tempi antichi era il solo metallo conosciuto inossidabile: non poteva cambiare, diventare verde o nero e resisteva agli elementi corrosivi.
L’oro è l’elemento immortale, trascende perché sopravvive all’esistenza effimera; è l’eterno, il divino, il più prezioso.
Un anello matrimoniale è fatto d’oro perché deve durare per sempre e non deve essere corrotto da nessuna influenza terrena negativa.
Ancora una volta non viene accettato il superamento della prova. Così ne viene fatta una terza, quella della donna più bella.
Sempliciotto scende di nuovo, chiede una moglie ed il rospo gli dà una zucca con sei topini. In questo caso, però il nostro eroe non può prendere subito ciò che il rospo gli ha dato ma è necessario un veicolo speciale per portarlo. La damina rospo si trasforma solo quando si siede nel veicolo costituito dalla zucca ed appena egli inizia a condurla a palazzo.
Dal fatto che esistono sottoterra degli scalini e una costruzione che è opera umana, abbiamo detto che il culto della madre o la relazione con il principio materno devono essere stati integrati nella coscienza umana, prima di regredire sottoterra. La storia fa riferimento al ritrovamento di quegli elementi una volta riconosciuti nel campo umano.
Dunque l’Anima, che per un uomo rappresenta il regno della fantasia ed il modo di relazione con l’inconscio, era una volta integrata nel campo della coscienza ed aveva raggiunto un livello umano, ma poi, in seguito a circostanze sfavorevoli, è stata rifiutata e repressa nell’inconscio. Ciò spiega perché la bella damina si trovi giù in cantina ad aspettare che qualcuno la porti su, e inoltre perché venga considerata come un rospo ed appaia come tale.
Sulla terra, alla corte del re, domina un atteggiamento che vede l’Anima solo come un rospo.
Nell’ambito della coscienza, cioè, prevale un atteggiamento di disprezzo per il fenomeno dell’eros: è in queste circostanze che l’anima appare come un rospo agli occhi degli uomini che si trovano alla corte del re.
Nella nostra fiaba, in quanto rospo, l’Anima sembra appartenere alla terra ed è necessario il cocchio-zucca per farla risalire in superficie e farla ridiventare un essere umano.
La maggior parte dei vegetali ha un significato erotico, soprattutto sessuale; si può dire che il veicolo che porta l’Anima sia il sesso, la fantasia sessuale che in un uomo è, molto spesso, il modo di manifestarsi alla coscienza del mondo dell’eros. In un primo momento l’uomo è trascinato, per così dire, dalle fantasie sessuali.
I topi hanno in qualche modo significato simile.
Nel linguaggio psicologico essi possono rappresentare la personalità inconscia di un essere umano.
Come topi che grattano e rosicchiano tutta la notte disturbano il nostro riposo, così i pensieri che, di notte, ci assillano e ci ronzano in testa non ci fanno dormire.
Vi è analogia tra il topo ed il pensiero fastidioso, un’idea che non lascia in pace; il topo rappresenta il pensiero ossessivo notturno o una fantasia che colpisce ogni volta che si vuole dormire.
La zucca, simbolo della sessualità, ed i topi che rappresentano i tormenti notturni e le fantasie autonome, portano alla luce l’Anima; essi sono le strutture su cui poggia l’Anima.
Quando il grullo mette la rospina nel cocchio essa si trasforma in donna.
Se un uomo ha la pazienza ed il coraggio di accettare le sue fantasie sessuali notturne, di esaminare ciò che portano, lasciandole svolgere allora verrà alla luce interamente la sua Anima.
Il mondo femminile rimosso viene alla luce ed il primo elemento scatenante è molto spesso una fantasia sessuale o un’ossessione qualsiasi. Se permetterà a questi pensieri di emergere con tutto ciò che li accompagna, un uomo potrà scoprire la sua Anima, o riscoprirla se l’ha rimossa per un certo periodo. Se l'uomo nega questa relazione, l’Anima regredisce immediatamente e, non appena diventa inconscia, diventa ossessiva, diventa un topo, per così dire, una fantasia intrusiva.
Neppure la terza prova basta, ne segue un’ultima
È un motivo classico: quello delle tre prove seguite da una finale. Si afferma spesso che il numero 3 ha un ruolo nelle fiabe ma un conto preciso pone, generalmente, dinnanzi al 4. Qui, ad esempio, ci sono tre prove più una: il salto nel cerchio.
Nelle fiabe questo ritmo è tipico; ci sono tre ritmi simili e poi un’azione finale. In genere l’ultima prova, la quarta, è dello stesso tipo delle precedenti ma ha comunque qualcosa di completamente diverso. È un po’ come “1..2..3..via”
Ancora una volta i fratelli non accettano la fine delle prove e ne chiedono un’altra: sospendono un anello al soffitto e le tre spose devono saltarci dentro.
Le spose dei 2 fratelli saltano ma cadono e si spezzano gambe e braccia. La rospina, grazie probabilmente alla sua vita precedente vissuta in forma animale, riesce a saltare attraverso il cerchio con grande eleganza. Cade così ogni contestazione ed il grullo può ottenere e regnare con saggezza.
Consideriamo la prova che viene richiesta alla rospina: essa deve passare attraverso un cerchio posto in alto. Questo atto comporta due azioni simultanee: saltare in alto e riuscire a cogliere il centro per passarvi dentro.
Vi erano feste primaverili durante le quali i giovani dovevano, a cavallo, colpire il centro di un cerchio con una spada. Era un rito di fertilità primaverile e contemporaneamente una prova di acrobazia.
Al circo si pratica il salto dentro al cerchio di fuoco; tigri ed altri animali feroci devono saltare nel mezzo del cerchio infuocato. Più selvaggio è l’animale più è emozionante vederlo saltare.
Il mirare giusto, al centro, è un'azione esteriore sotto la quale si nasconde un segreto: il raggiungimento del centro interiore della personalità.
Vi è però una seconda difficoltà: la persona che salta deve staccarsi da terra, dalla realtà, per raggiungere il centro del cerchio con un movimento a mezz’aria.
Così l’Anima, nella figura della damina, quando passa nel cerchio, si libra a mezz’aria e viene sottolineato che riesce a sollevarsi con grande leggerezza. Le contadine sono invece pesanti e maldestre.
Si allude, probabilmente, al problema sottilissimo connesso con la realizzazione dell’Anima.
Gli uomini, generalmente ignari, tendono a proiettare l’Anima su una donna reale, limitandosi ad un’esperienza esteriore. Solo in seguito, con l’introspezione psicologica, arrivano a riconoscere che l’attrazione esercitata su di essi dall’Anima è un fattore non solo esterno ma interiore: l’immagine interna di un essere femminile ideale, che è la guida dell’Anima.
Essa rappresenta il flusso della vita della psiche di un uomo. Questi deve assecondare il tortuoso sviluppo che oscilla tra l’interno e l’esterno, come tra due estremi.
Nella storia, il fatto che le due contadine non riescano a saltare ed a passare attraverso il centro significa che esse hanno un atteggiamento, verso i sentimenti e verso ciò che il femminile rappresenta, poco spiccato, poco presente, primitivo, non l’hanno coltivato. Per questo cadono subito, perché non hanno la leggerezza del sentimento e la spontaneità.
Ad esse manca ciò che permette all’Anima di essere una guida, l’essenza della realizzazione della vita simbolica. L’intenzione dell’Anima è di aiutare la coscienza razionale ad accettare la vita simbolica, ad immergersi in essa senza alcuno scopo, senza critiche ed obiezioni razionali ma con un’adesione totale.
Ciò richiede coraggio e spontaneità: implica il sacrificio dell’atteggiamento intellettuale e razionale, difficile per le donne ma ancora di più per un uomo perché va contro la tendenza cosciente specialmente dell’uomo moderno occidentale.
L’Anima diventa umana quando avviene un incontro degli opposti: quando l’uomo va verso di lei e così lei sale verso di lui.
Permettendo questo incontro l’uomo permette a se stesso di accettare e far proprie la fantasia poetica, la capacità di creare forme simboliche di vita che l’Anima rappresenta e porta con sé
Dr.ssa Maria Silvia Ceci
Psicologa Psicoterapeuta a Parma